Piango perché

A volte ci vengono in mente ricordi lontani del nostro passato. A volte basta un gesto o una parola di una persona, un suono o una canzone, oppure un odore, perché riaffiorino.
A volte, invece, tornano semplicemente così, senza una vera ragione, magari solo perché siamo stanchi o tristi o semplicemente pensierosi e, subito, torniamo indietro a quei momenti particolari che avevamo dimenticato, ai quali non pensavamo più da tempo.
A volte sono brutti ricordi, cose che ci fanno star male – e piangiamo dal dolore – altre volte sono momenti che vorremo rivivere, essere ancora lì a quel tempo – e piangiamo perché non lo possiamo.
Come nel caso di mio fratello che ieri, pieno di malinconia, mi ha scritto questo breve testo:

Piango per ghibli 1 che ti svegliava di notte perché si grattava e sbatteva sulla porta a vetri;
Piango per i wurstel che mamma faceva nella padella di ferro con il sale grosso;
Piango per le mele che il babbo ci inculava con il gioco di "era qui" 2;
Piango per un paio di bimbi che vidi dietro a un pullman che andavano a scuola e che mi ricordavano noi;
Piango per la stufa a legna nel corridoio con i pigiami sopra ad asciugare;
Piango per le uova nella minestrina e per i funghi messi a seccare nelle cassette di legno;
Piango per la buca dove mettere il piede per salire dov'è il parcheggio.
Mi manca tutto questo!
Alla fine siamo stati tutti in questo grande ora.
Giovanni

  1. Ghibli era il nostro meraviglioso cane, il nostro migliore amico. ↩︎
  2. A tavola, a fine pasto, non volevamo mai mangiare frutta. Così mio padre puliva una mela posando i pezzetti, uno alla volta, di lato, quindi si girava dal lato opposto e noi, bambini, li “rubavamo”. Lui si rigirava e, sorpreso, diceva “Dov’è finita? Era qua!” – e noi ridevamo – ” E vabbé, mi sarò sbagliato: ne taglio un altro pezzetto.” Ed il gioco continuava… ↩︎

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