Info su di me in breve

(ma poi neanche più di tanto “in breve” xD!)

Mi chiamo Francesco, sono nato nel 1968 a Milano (dove mio padre aveva in gestione, con la sua famiglia, un albergo ed un ristorante – ci sono stato solo un anno), ed attualmente vivo, ormai da oltre venti anni, in Germania.

Dopo essermi trasferito dalla mia città natale, e prima del trasferimento in Germania, ho sempre vissuto in Toscana: prima all’Isola d’Elba – meravigliosa isola nell’Arcipelago Toscano dove ho passato la mia giovinezza e dove, dopo il trasferimento, tornavo ogni estate con la mia famiglia, per lavoro – e poi, dai 15 anni in su, a Pescia – bella cittadina ai piedi dell’Appennino Toscano dove ho passato la mia adolescenza, con i suoi studi e i tanti problemi che ogni normale adolescente (e genitore!) conosce

All’Isola d’Elba avevamo un albergo (costruito da mio padre negli anni d’oro dell’Italia: la fine degli anni ’60) situato a pochi metri da una delle più belle baie e spiagge dell’Elba: la spiaggia di Procchio. Questo hotel – ci ho imparato a camminare e ci ho lavorato (salvo qualche sporadico tentativo in altri settori e città) moltissimi anni – esiste ancora ed è il più bello dell’isola: l’Hotel Brigantino. Questo, fino al trasferimento a Pescia, è stato anche la nostra casa: d’estate dormivamo in due camere situate vicino alla cantina (umidissime!), e d’inverno si trasformavano alcune camere situate al piano terra che mio padre trasformava, per l’occasione, in ambienti vivibili.

Questo fino alla fine del 2000, anno in cui mi decidetti, insieme alla mia futura moglie, di trasferirci definitivamente verso terra straniera: qui in Germania, appunto.
Questo salto lo intrapresi per diversi motivi:
1) perché la vita dell’albergo l’avevo odiata praticamente da sempre, e non volevo assolutamente che la famiglia che stavo mettendo su (la nostra prima figlia era nata da poco) vivesse in quell’ambiente di vita/lavoro;
2) perché non volevo che mia figlia vivesse le grosse problematiche che avevo avuto io in una scuola fatiscente e impreparata come quella dell’Isola d’Elba di allora (difficilmente ho avuto dei maestri che ci seguivano per più di tre mesi!);
3) perché trovare un altro lavoro in Italia nel 2000, anche in un’altra città, era sempre più problematico;
4) perché in Italia tutto il mondo educativo, sociale, sanitario, politico e via dicendo, facevano veramente pena (per non dire di peggio).
Trasferirsi è stata la scelta più intelligente e sensata che abbia mai fatto, non me ne sono mai pentito. Certo, alcune cose mi mancano e mi sono mancate (gli amici; mio fratello ed i miei genitori; il caffè, i tramezzini, e i pasticcini al bar; la lingua) ma, a somme fatte, sono decisamente maggiori i pro che i contro.

Attualmente abito ad Emmendingen, una bella e vivibile cittadina nei pressi di Friburgo (Freiburg im Breisgau), nel sud/ovest della Germania a pochi chilometri. da uno dei lati di accesso della Foresta Nera (Schwarzwald). Probabilmente ne avrete già sentito parlare, se non tanto per la serie televisiva La Clinica della Foresta Nera.

Sia quando ero in Italia (già a 12 sognavo di lasciare la vita alberghiera!), sia quassù in Germania, ho sempre voluto e cercato di orientarmi verso altri, differenti, campi lavorativi (rispetto a quello, di origine familiare, che avevo sempre fatto e conosciuto: la sempre odiata/amata GASTRONOMIA con i suoi orari da “Esiste-Soltanto-Lei”). Per sfuggire a quella vita, infatti, mi sono occupato di un po’ di tutto: ho venduto aspirapolvere, vini, enciclopedie, prodotti caserecci italiani (formaggi, pasta, insaccati e olio DOP), caffè, prodotti artigianali (in legno, pietra, lana, dipinti su tela o carta), macchinari per pizzerie, bar e ristoranti, e cellulari usati. Tutto questo: a volte vendendo gli oggetti per conto di un grossista, a volte vendendoli singolarmente comprandoli prima su eBay-Germania per poi rivenderli a voi del sud sfruttando eBay-Italia o viceversa, altre volte ancora vendendo per conto di amici o vicini di casa. Ho anche lavorato brevemente in una piccola fabbrica realizzando candele di cera d’api, penne a sfera (noiosissimo!) e piccoli oggetti in legno e in feltro. Quasi mi scordavo: per alcuni mesi sono stato anche infermiere di notte in una Casa per Anziani. Tantissime volte, però, sono ricascato a lavorare nella da me disprezzata gastronomia, come aiuto cuoco, cameriere o barista (spessissimo per un semplice e banale motivo: Acqua alla Gola!) e, addirittura, per alcuni anni, sono stato titolare di una piccola pizzeria in Waldkirch, la “Pizza-Ecke” – famosa ancora per la migliore pizza nei dintorni di Freiburg!

Non è poco, che ne pensate? Tutto questo per farvi capire con quale stato d’animo ho dovuto, praticamente da sempre, bilanciarmi e con il quale convivere:

  • il desiderio di lasciare l’occupazione che avevo sempre fatta e che era ben conosciuta;
  • la paura di iniziare qualcosa di nuovo e/o di fallire nel tentativo;
  • il desiderio di realizzare, finalmente, quello che era il mio vero, personale ed univoco, sogno: l’arte dello scrivere.

Fin dalla tenera età di 12 anni, infatti (come ho già scritto nella “Prima Pagina“) mi piaceva leggere e scrivere. Ho iniziato con “Il richiamo della foresta” di Jack London (mio primo, grande, amore), con “Il giornalino di Gian Burrasca” e con la serie de “Il gialli dei ragazzi” della Mondadori (mi ricordo i mitici Pimlico Boys), passando poi ai libri di avventura (Salgari, Mark Twain, Jules Verne, Robert L. Stevenson, Jack London, ecc), per poi deviare bruscamente ai classici della letteratura e ai libri a tema filosofico/religioso (H. Hesse, Goethe, Mann, Tolstoj, Calvino, Kafka, Nietzsche, Gibran, Borges, Pirandello, Freud, Erodoto, Platone, S. Francesco, ecc. – scusate la lista ma mi faceva peccato omettere qualcuno… cosa che poi ho fatto perché la lista era troppo lunga!).

Oltre questo, avevo preso gusto anche a scrivere. E anche tanto! Partendo dai diari personali, giornalieri, fino allo scrivere piccole storie, poesie, racconti brevi e romanzi veri e propri. I miei pensieri e le mie personali idee ed interpretazioni nel campo della filosofia, religione, fisica e psiche, li riversavo, fin da giovane, su pagine e bigliettini sparsi. Scrivevo maggiormente durante i pomeriggi oziosi d’estate, seduto su una poltrona dell’albergo dove potevo controllare sia la reception che il bar, in attesa che qualche cliente arrivasse a chiedere informazioni oppure un caffè. Scrivevo tanto anche la sera (veramente la notte!) prima di addormentarmi, steso sul mio umido letto (come scritto sopra, dormivamo in cantina!).

Ho scritto non so quante pagine, e non ne ho mai pubblicata una (per paura di fallire; perché il tempo era inadatto; perché dovevo lavorare per sostenere la famiglia – e altre fievoli scuse). Scritti che, nonostante il favore di alcuni intimi che avevano avuto l’opportunità di leggere (tra i quali la direttrice di una Casa Editrice di testi per gli istituti scolastici italiani, la Signora Trevisini di Milano che passava ogni anno le sue lunghe vacanza da noi – una donna eccezionale!), avevo riposto nel famoso cassetto, cassetto che aprivo solamente per aggiungere altre pagine, altri fogli. In realtà era un cartone.

Pubblicare un libro non è poi tanto semplice – soprattutto se non ci si vuole far del male (e se si ha paura di sbagliare o fallire come avevo io). Ce ne sono tanti di avvoltoi pronti a planare sui nostri miseri corpi, in questo campo; come dappertutto nel ramo dei Procacciatori di Affari e affini vari (ci sono anche loro in questo campo, si; anche nell’editoria). E poi c’è il rischio che si paghi la pubblicazione per poi riuscire a vendere solamente poche copie che non coprono neppure le spese, per brutta o pessima pubblicità. Inoltre: per pubblicare qualcosa (e poi cosa? Avevo cosi tante carte che basterebbero per mezza enciclopedia!) mi serviva prima di tutto il tempo (appunto: per riordinare e catalogare la piscina di fogli che tenevo chiusa in cantina), e forse sarebbe stato meglio scrivere uno o più racconti nuovi, partendo da un foglio bianco fino alla parola FINE, anziché mettersi a spulciare tutte le cose che avevo. Anche lì mi serviva tempo e, per poter sopravvivere con la famiglia sulle spalle, il “Tempo” era meglio se lo utilizzavo lavorando per guadagnare il giusto per vivere senza problemi (inutili). E allora che fare? Beh, quello che ho sempre fatto e che ho imparato meglio nella vita: l’arte di rimandare ed adattarsi a qualcosa che non ci piace ma che ci da sicurezza economica (come tante altre persone)!

Questo fino al giorno del mio, cosiddetto, cambiamento – iniziato circa due anni fa – quando, dopo l’ennesima attacco forte di depressione acuta, decisi di farmi ricoverare in una clinica psichiatrica. Non so come avvenne (stavo così male che non mi ricordo praticamente niente di allora), scelsi di andare in una clinica antroposofica (la Friedrich-Husemann-Klinik a Buchenbach) e qui, oltre a ricevere, finalmente!, le giuste cure ed una diagnosi precisa per gli stati di depressione che mi accompagnavano, ad ondate, ormai da moltissimi anni, ho fatto l’incontro che ha sconvolto completamente la mia vita – ed anche quella della mia famiglia – e che, alla fine di un percorso che dura ancor’oggi, mi ha portato alla decisione di creare questo sito per pubblicarci le mie cose e per raccontare quello che ho vissuto in questi ultimi due anni.